Un quadro, solido di una sua metafora struggente, apre e chiude - da solo - questa mostra generosa e splendidamente caotica: Le ponte de l'Europe di Gustave Caillebotte. Nel chiarore severo di quel mattino parigino del 1876 si legge il transito fatale della Storia e dell'Arte al confine di un'epoca. Si vede l'Europa delle classi, della cultura, delle ideologie -la coppia borghese, l'operaio di spalle- che attraversa il ponte disteso dalla modernità dell'Ottocento verso gli spasmi violenti del nuovo secolo venturo.
Nella pacata solarità impressionista che illumina la prospettiva antica, sicura del suo cielo e dei suoi volumi architettonici, si incunea - drammatico - il ritmo invasivo di quelle ganasce ferrigne del viadotto, che sminuzzano implacabili spazio e cose in frammenti scateni del reale: pronti per il montaggio disumano del cubismo. E la geometria inflessibile di quell'ordine metallico è già profezia: dell'avvento bruciante dell'età della macchina, con il suo corteggio corrusco di rivoluzioni, guerre e bellezze nuove.
Convulsioni, compressioni, costruzioni e lo smarrimento lacerante dell'arte del XX secolo, sono tutti lì: dall'altra parte del ponte. Quella che possiamo vedere dentro il clamore dei colori e le metamorfosi della forma di questa mostra ingorda e sanguigna, appassionata e crudele, deforme e dolcissima, come l'era tremenda che vi si specchia.

Giorgio Pellegrini
Assessore alla Cultura del Comune di Cagli
ari