LE OCCASIONI DELLL'ARCHITETTURA NUOVA
Come il passato ci illustra, è stato sempre forte il rapporto tra lo sviluppo dell'architettura e le occasioni offerte da una illuminata committenza pubblica o privata, desiderosa di affermare qualitativamente il proprio status.
Nell'età moderna in particolare, la condizione favorevole al progresso dell'architettura e alle trasformazioni urbane non è sempre riconducibile a fenomeni di mecenatismo o di isolate e lungimiranti intuizioni. Il motore e la crescita dell'architettura coincide infatti con l'espressa volontà e determinazione a realizzare un progetto, secondo quanto pianificato inizialmente con cura. Se l'impegno è corale, sintesi di creatività e tecnica, il percorso è più facile e produttivo. Il Novecento, appena concluso, ha disegnato una netta contrapposizione tra due modi di concepire l'architettura e il progetto urbano. I primi decenni del secolo, fino al secondo conflitto mondiale furono infatti impegnati, con precise finalità ed ideali, nella radicale trasformazione del paese nello stato unitario e successivamente, con l'adozione del linguaggio architettonico moderno, in una nazione pienamente europea. L'altra metà del secolo, come noto, è stata il teatro della speculazione e dell'architettura senza qualità. Rimane dunque una continuità interrotta e la memoria di una stagione intensa per l'architettura, nella quale si affermarono i principi del Movimento Moderno. In Italia le occasioni per affermare una via propria e personale dei nuovi modelli stilistici, furono molteplici. La sperimentazione razionalista, riconosciuta dallo stesso Mussolini come la più consona espressione formale del fascismo, trovò quella committenza di stato, indispensabile per affermare e maturare un percorso autonomo ed elaborato. Lo strumento dei concorsi per le grandi opere pubbliche, fu certamente il veicolo più immediato per creare un esteso pluralismo professionale ed una tensione corale per rappresentare il nuovo ideale architettonico. Tra le molte opportunità della progettazione è importante ricordare e ne fa manifesto questa mostra, le occasioni offerte dalla colonizzazione d'oltremare. In Africa, dove la presenza italiana Eritrea, Somalia e Libia, risaliva all'inizio del secolo, troviamo le tracce del vivo confronto tra tradizione e innovazione. In Libia, ad esempio, questo antagonismo stilistico si evidenzia osservando due edifici coevi: il mitico Albergo Uaddan di Tripoli, realizzato nel 1936 da Florestano Di Fausto, esempio eclettico orientaleggiante e l'Albergo agli Scavi di Leptis Magna pura opera razionale. Quest'ultimo edificio in particolare, sembra nato per quel contesto, bianco, mediterraneo, essenziale, eppure in questa opera e in quel luogo di storia si riconosce lo stesso felice equilibrio tra antico (archeologico) e moderno che contraddistingue familiari sistemazioni urbane come quelle della passeggiata archeologica a Roma. Le terre d'oltremare furono inoltre il luogo di molte sperimentazioni costruttive derivate dai sistemi montabili militari, tipo fortino Spaccamela. Molti insediamenti (tra i quali Harar, in Africa Orientale) furono realizzati con strutture modulari prefabbricate , che consentirono un veloce presidio del territorio. Molte analogie legano le città di fondazione in Italia, nate come caposaldi nei territori interessati dalla bonifica e i nuovi insediamenti nelle colonie. Entrambe interventi di pianificazione urbanistica per lo sfruttamento agricolo del territorio, furono concepiti come sistemi autonomi per radicare funzionalmente la popolazione alla terra resa produttiva, a seconda dei casi, dalla bonifica o dalla irrigazione.
Il tema delle colonie, promosso anche da una grafica pubblicitaria accattivante, trovò spazio e progetto nella più autorevole rassegna di architettura: la Triennale di Milano, dove venne presentata La Casa Coloniale un modello al vero della residenza ideale in Africa, realizzata con una elegante sintesi razionale tra forma e funzione.
La documentazione presentata in questa mostra, fornisce un prezioso contributo di conoscenza che arricchisce e chiarifica il percorso e l'evoluzione della architettura italiana; è auspicabile che l'approfondimento storico di questa importante stagione non resti solamente lettura del passato ma proiezione e rilanci della progettualità nel nostro paese.

Luigi Prisco
Assessore alla Cultura della Regione Lazio